A marzo del 2020 siamo stati bloccati in Nuova Zelanda senza possibilità di rientrare in Australia dalla nostra barca “Obiwan” per la chiusura dei confini australiani, causa Covid. Per 6 mesi siamo stati in Nuova Zelanda aspettando che la famosa “Bubble”, cioè la possibilità di viaggiare liberamente tra Nuova Zelanda e Australia, venisse aperta. Da marzo ad agosto 2020 abbiamo passato il tempo con gli amici Ale e Max, prima finendo i lavori a bordo della loro barca, poi ospiti per vari mesi nella comoda cabina di prua di Y2K. Poi ci siamo trasferiti in un piccolo Airbnb con vista sul porto. Abbiamo sperimentato il freddo e piovoso inverno australe, comprato maglioni e calzettoni nei grandi magazzini di Whangarei, Giovanni ha fatto lezione di yoga nel suo colorito inglese, abbiamo fatto qualche gita nelle vicinanze, ci siamo improvvisati house sitter per 10 giorni nella casa dei nostri amici kiwi Dina e Andries. Io ho avuto il tempo e la tranquillità di radunare le idee e gli appunti presi durante i 5 anni di viaggio e scrivere il libro che racconta la prima metà del nostro giro del mondo, dalla Grecia all’Australia. Poi la cassa ha cominciato a piangere, in Italia avevamo qualche piccolo problema da sistemare e così, a malincuore, ad agosto 2020, abbiamo deciso di tornare a casa. Tutta la comunità dei naviganti di Whangarei ha organizzato per noi una festa di addio a sorpresa con tanto di torta con scritto “Farewell Giovanni e Raffaella” e scambio di piccoli regali di addio. Il rientro da un paese dove il covid praticamente non era quasi arrivato, all’Italia, sebbene nella stagione estiva e quindi con i contagi in calo, è stato traumatico. Dopo i regolari 15 giorni di quarantena abbiamo salutato parenti e amici con un misto di abbracci e timidi saluti da lontano, divisi tra l’entusiasmo di rivedersi dopo tanti mesi e il timore dei contagi. Il primo problema da risolvere è stato quello dell’alloggio. Le nostre case erano e sono affittate per finanziare il viaggio. Fortunatamente la mamma di Giovanni ha una casa grande e dopo la lunga separazione, non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo con noi. Così ci siamo sistemati a Livorno dove abbiamo passato l’inverno 2020/2021.Tra un lockdown e l’altro siamo riusciti ad organizzare anche il nostro matrimonio, celebrato dallo storico amico Franco, con una ristrettissima cerchia di amici e parenti. Giusto giusto l’ultimo sabato di ottobre prima che il comune sospendesse i matrimoni e le regioni chiudessero i confini, cosa che avrebbe impedito ai miei famigliari di essere presenti. Malgrado la preoccupazione per la nostra Obiwan, abbandonata da sola in Australia, non ci siamo persi d’animo e abbiamo cercato di mettere a frutto il nostro tempo. A gennaio è nata la ASD “Obiwan a vela intorno al mondo” con il proposito di “Promuovere e sviluppare attività sportive dilettantistiche, in particolare nelle discipline legate all’attività velica e alla pratica nautica, all’arte marinaresca, alla conoscenza della flora e della fauna marina, alla diffusione della navigazione a vela e della marineria, del vivere e conoscere il mare come stile di vita e la vela come mezzo di trasporto per viaggiare in tutto il mondo”. Ad aprile, con grande emozione, stringo in mano il libro “Scalza, spettinata, abbronzata – il giro del mondo a vela su Obiwan” pubblicato da Perrone Editore. A giugno firmiamo un accordo per gestire un Sun Odyssey 409 con lo scopo di proporre esperienze in barca a vela nell’arcipelago toscano ai soci della nostra ASD. E così ci ritroviamo finalmente di nuovo a bordo di una barca a vela. Certo non è la nostra, ma è comoda e veloce e a noi non sembra vero di poter navigare di nuovo. L’estate passa così, siamo di nuovo di base a Rio Marina, all’Isola d’Elba, porto da cui siamo partiti nel 2015 per il nostro giro del mondo. A Rio Marina non è cambiato molto, ai pontili non fa più l’ormeggiatore il nostro caro amico Max, c’è invece l’altro amico Massimo, a prenderci le cime di ormeggio, per il resto tutto più o meno uguale. I vari ristoranti sfamano gli equipaggi appena arrivati che socializzano davanti a spettacolari piatti di pesce e buon Aleatico per digerire, la lavanderia a gettoni lava e asciuga lenzuola e vestiti, la pasticceria sul porto sforna ottime colazioni. Gli equipaggi si alternano di settimana in settimana e noi riprendiamo confidenza con questo Mediterraneo dove non navigavamo più da ormai sei anni. Complice un’estate con un meteo un po’ imbizzarrito, abbiamo dovuto subito rifare l’abitudine al vento ballerino, che nell’arco di una giornata gira da nord a sud e da est ad ovest, rendendo la scelta degli ancoraggi uno stress continuo. Dov’è l’aliseo che viene sempre da est, massimo sud/est? Anche di bolina, anche quando i visi di alcuni equipaggi tendono al verde per qualche onda di troppo, ci guardiamo ed esclamiamo “ti immagini che bellezza se anche in oceano le onde fossero così?”. Avevamo dimenticato cosa vuol dire una navigazione estiva nell’arcipelago toscano, la navigazione più lunga? 6/7 ore per arrivare a Capraia! Se il vento da sud passa a nord, andiamo a Margidore nel Golfo Stella; gira da nord a Sud, andiamo a Viticcio o alla Biodola. E’ previsto brutto e giri di vento durante la notte? Andiamo a Portoferraio che è riparato da tutti i venti. Certo ce la siamo cavata bene perché per i rifornimenti potevamo contare sul porto di Rio Marina ad ogni cambio equipaggio, altrimenti ce la saremmo vista brutta. Da inizio luglio siamo riusciti ad entrare in un porto solo dopo Ferragosto, con pezzi spaventosi. Ogni tanto provavamo a telefonare ai vari marina per prenotare, ma la mattina ci dicevano di richiamare dopo pranzo. Dopo pranzo di richiamare verso le 17 e alle 17 che era tutto pieno! Quei bei regimi di brezza quest’estate non si sono visti, solo venti sinottici che giravano in continuazione per cui, nel bel mezzo di un sontuoso aperitivo, la barca si ritrovava con la prua rivolta verso il mare aperto, iniziando a beccheggiare allegramente. Oppure se la brezza c’era, dopo cena cessava, la barca si traversava all’onda e cominciava a rollare, facendo rotolare gli equipaggi e gli stomaci da una parte all’altra della cabina. Dove sono gli ancoraggi nelle lagune coralline con acqua trasparente e fermissima? Comunque, con settembre riconsegniamo la barca al proprietario e siamo di nuovo a terra, nel senso senza barca. Dall’Australia ancora tutto tace. Per fortuna il nostro amico Rob, australiano e anche lui con la barca a Bundaberg si prende cura della nostra Obiwan. Quando nel bel mezzo della notte arriva una chiamata whatsapp so già chi è: cerco di aprire mezzo occhio e dall’altra parte della cornetta sento la voce squillante di Rob “Buonciorno!”. E’ a bordo e sta facendo una videochiamata per farci vedere che tutto è come l’abbiamo lasciato. Rob va diverse volte su Obiwan, controlla le batterie e i teli di copertura. Purtroppo dopo così tanto tempo al vento e al sole il telo che copre il pozzetto si è stracciato. Ma Rob non si perde d’animo, compra il materiale, si siede alla macchina da cucire e fa un telone di protezione su misura per Obiwan. Poi Rob, lui che può, mette la sua barca in acqua e parte per tre mesi di navigazione alle Whitsunday, li dove avremmo dovuto essere anche noi se non ci fosse stato il covid… Così rimaniamo per un po’ senza notizie di Obiwan. Rob al suo ritorno a Bundaberg ci comunica che le batterie non hanno più retto, il battery monitor segna "0". Quando avevamo lasciato la barca per rientrare in Italia, pensavamo di stare lontani per soli tre mesi. Il covid non aveva ancora fatto la sua comparsa e nessuno avrebbe potuto immaginare quello che è successo. Quindi Obiwan era stata lasciata con questa configurazione: Genova smontato e piegato in cabina Randa chiusa stretta a salame nel suo lazy bag Tutte le drizze al loro posto. Le batterie staccate. I pannelli solari tutti coperti tranne uno mantenuto in funzione per caricare le batterie. Il dinghy appeso alle sue gruette, fortunatamente coperto con il suo telo Così, sperando che due anni e mezzo a terra non abbiano causato deformazioni e danni allo scafo, al nostro rientro ci aspetteranno almeno due mesi di lavori e un bel po’ di soldini da spendere. Le batterie le cambieremo, e le drizze? Saranno tutte cotte? E tutti i collegamenti elettrici saranno ossidati e compromessi? E all’interno? Ci sarà muffa? Il clima li è abbastanza secco ma comunque ci saranno da svuotare tutti i gavoni da prua a poppa per pulire ed eliminare tutto quello che si sarà danneggiato. E il ponte in teck dopo 2 anni di sole tropicale come sarà? E il motore fermo per due anni? E il fuoribordo…e…e…e…? A fine anno, fortunatamente, il governo australiano ha cambiato politica e ha abbandonato l’idea di poter restare un paese covid free e si è concentrato sulle vaccinazioni. Piano piano alcuni stati della federazione hanno cominciato ad aprire tra di loro, si è aperta la famosa bubble con la Nuova Zelanda e con altri paesi considerati sicuri. Poi è stata la volta di alcuni tipi di visti, come i working holyday per i giovani e quelli per gli studenti. Da pochi giorni l'Australia ha aperto a tutti i turisti con doppia dose di vaccino. Ancora non ci sembra vero! Nella nostra testa stiamo già organizzando il rientro, pensando in quale ordine iniziare i lavori, cosa dovremo comprare, insomma, in qualche modo ci sentiamo già di nuovo un po’ in viaggio. Incrociamo le dita e speriamo che il mio prossimo post arrivi direttamente da Bundaberg e che voi vi leggerete come stanno andando i lavori…
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Da ieri notte è tornato il vento. Abbiamo 20-25 nodi da ESE e una brutta onda corta.
Nella notte il vento si attesta sui 25-30 nodi. Durante il mio turno di timone ho modo di rendermi appieno conto che sono nel bel mezzo dell'oceano Atlantico. Il vento fischia nelle sartie, la luna è tramontata e la notte è davvero buia, ogni tanto il mare si illumina del bianco per una grande onda che frange. Le onde arrivano da dietro, alzano la poppa e la barca parte in surfata verso il basso , poi con un gran baffo la prua torna a puntare il cielo. Filiamo a più di 6 nodi. L'equipaggio per fortuna non mi abbandona nella notte buia e burrascosa, ogni tanto una testa esce dal tambuccio ad assicurarsi che tutto vada bene. Giovanni mi alleggerisce dell'ultima ora di guardia, le braccia e le spalle mi facevano male dallo sforzo e soprattutto dalla tensione. Oggi è il giorno del parasailor, lo issiamo la mattina e a malincuore lo tiriamo giù poco prima del tramonto. Una bellissima navigazione veloce e con la barca stabilizzata sull'onda dall'ala del parasailor
Oggi si festeggia la metà della traversata con un bagno in mezzo all'oceano, 1040 miglia a poppa e altre 1040 a prua, sotto 4000 metri di oceano.
Dopo pranzo la giornata è movimentata dall'arrivo di un groppo, ci prende di striscio e per un poco ci dà l'illusione di potere andare un po' a vela, ma presto finisce. San Volvo riattacca a borbottare. Vento sempre poco, non sta su neanche il parasailor, fortunatamente San Volvo borbotta tranquillo.
Oggi è domenica, quindi pizza! Nella giornata il vento cala, ne approfittiamo per fare le pulizie e una bella doccia calda anche se all'aperto.
Il vento continua a calare, via di parasailor! Un po' di ginnastica appesi al tangone è quello che ci vuole. Terzo giorno di traversata, 15 nodi al giardinetto e la barca vola a più di 6 nodi, appena svegli i delfini vengono a trovarci, evidentemente hanno saputo che oggi è il mio compleanno!
La mattina passa con il lavoro del cambio della batteria. Per l'aperitivo cominciano i festeggiamenti: crepes con la Nutella! Mindelo ci accoglie con una notte buia e nebbiosa, a fatica e solo quando siamo ormai molto vicini distinguiamo i contorni dell'isola.
L'ingresso del marina non si vede, scopriremo poi che non esiste, ci sono solo dei pontili galleggianti in fondo alla baia. Un po' di suspense e dopo 7 giorni di navigazione da Las Palmas di Gran Canaria siamo a Capo Verde. La prima mattina la dedichiamo alla ricerca di una batteria di scorta per la barca. Completata con successo la ricerca ci dedichiamo al rinnovo della cambusa visitando il mercato delle verdure. È poi la volta di quello del pesce, un brulichio di gente che si muove intorno ai banchi carichi di pesce di ogni genere e dimensione, in un misto di colori odori e rumori. Non facciamo a tempo a scegliere e pagare i nostri pesci che un ragazzo li ha già presi per portarli a pulire. In un attimo sparisce e noi a cercarlo per tutto il mercato. Alla fine lo troviamo in un angolo, chino per terra su un secchio che ha già quasi finito la pulizia. Per pranzo troviamo un ottimo ristorante con terrazza sopraelevata. Dopo un meritato riposo partiamo con due missioni precisa, trovare una lavanderia a gettone e qualcuno che mi faccia le treccine. Dopo varie indicazioni e giri troviamo entrambe le cose sulla piazza del mercato. Mi siedo si una panca e tre belle mami si affannano intorno alla mia testa, una intanto culla il bimbo che porta sulla schiena, tirano e intrecciano e intanto parlano fitto tramite di loro. Ogni persona che passa di lì commenta e dice la sua sulle mie treccine. Dopo un'oretta di tiramenti di capelli l'opera è conclusa, direi che sono decisamente soddisfatta di queste parrucchiere! La giornata inizia con vento leggero così decidiamo di dare parasailor. Dopo la lunga preparazione delle manovre finalmente la vela va su e si apre al vento. È sempre in bello spettacolo! Ma il gioco dura poco il vento in costante aumento ci obbliga ad ammainare.
20...22...25....20...22...18...20...e via così a più di 6-7 nodi. La navigazione è entusiasmante e Obiwan plana sulle onde con picchi di 8-9 nodi di velocità. Le batterie improvvisamente non tengono più la carica, decidiamo così di puntare su Capo Verde per una sosta tecnica. In fondo non ci dispiace dare un'occhiata a queste isole. |
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Febbraio 2022
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